Il mito dei palombari viareggini
Il 7 dicembre 1930 l’Artiglio, impegnato nel recupero dei lingotti d’oro dell’Egypt, esplose e affondò nelle acque di Brest, causando la morte di 14 uomini, quattro dei
quali viareggini. Morirono i nostri palombari Alberto Gianni, Aristide
Franceschi, Alberto Bargellini e il marinaio Romualdo Cortopassi.
L’Artiglio aveva
localizzato il relitto e questo fece sì che i nomi della nave e
di Viareggio fossero proiettati sulle pagine di tutti i giornali del mondo.
Tutto era iniziato con l’incontro del noto palombaro Alberto Gianni, con Giovanni Quaglia, fondatore e amministratore della So.ri.ma, società di recuperi marittimi.
La So.Ri.Ma affidò a Gianni le navi recupero Artiglio, Rostro, Raffio e Arpione. In quel periodo erano iniziate le immersioni con scafandri metallici costruiti in Germania e furono recuperati preziosi carichi contenuti nelle stive dei piroscafi Washington, Ravenna, Umberto I, Monte Bianco e Stromboli.
La So.ri.ma. decise così di dedicarsi al recupero dei relitti dell’oceano, creando la premessa di un'impresa mai affrontata: il recupero dell'Egypt, colato a picco in un punto imprecisato nel tratto sud-occidentale della Manica. A 130 metri di profondità si trovavano 5 tonnellate e mezzo d'oro e 43 d'argento.
Il 12 Settembre 1929
l’Artiglio si diresse a Brest per cercare il luogo dell’affondamento dell'Egypt, un'impresa quasi impossibile.
Dopo quasi un anno, il 29 Agosto 1930, l'Egypt fu ritrovato. Ma l’Artiglio, essendo la stagione ormai inoltrata, non avrebbe potuto reggere il mare in caso di
tempesta: il recupero andava rinviato.
“Mia cara Maria, già pregusto la gioia del ritorno imminente. Qua i temporali si rincorrono…”, scriveva il Gianni nella sua ultima lettera alla moglie.
Ma l’Artiglio fu inviato
a Saint-Nazaire con l’incarico di demolire la carcassa del Florence che giaceva a 16 metri di profondità con un carico di 150 tonnellate tra esplosivi
e munizioni.
Il 7 Dicembre 1930 l’Artiglio piazzò le cariche, si portò alla distanza di 160 metri (quella resa possibile dal cavo), mentre avrebbe dovuto portarsi a due
miglia. Alberto Gianni collegò i fili elettrici e per l'ultima volta disse:
“Dinamo! Occhio alla botta!”
Un enorme boato squassò il cielo e fu avvertito come un terremoto a miglia di distanza: l’Artiglio e il Florence scomparvero in un attimo, erano esplose tutte le munizioni del carico del relitto.
Fu un'enorme tragedia al punto che tutti pensarono che nessuno avrebbe più cercato il carico dell'Egypt. Ma non fu così: nel 1933 l’Artiglio II, con altri palombari cresciuti alla scuola di Gianni, recuperò 6 tonnellate e mezzo d’oro e 44 d'argento.
Oggi – nel Museo
della Marineria – sono conservati e visibili a tutti il timone e l’elica del relitto dell’Artiglio I, che furono recuperati 75 anni dopo.
Ogni anno, nel mese di giugno, si svolge il Premio Internazionale Artiglio, ispirato alle valorose gesta dei palombari con la finalità di premiare quanti si siano distinti nelle attività legate al mondo subacqueo.