Capitolo #1

Il Mulinaccio

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Mulinaccio, ScandicciFotografia di: Vignaccia76
Mulinaccio, ScandicciFotografia di: Morelli Dario

La gonna era di quelle buone, di puro lino, aderiva stretta ai fianchi e si fermava al ginocchio. Lo scollo quadrato della camicetta segnava un seno acerbo. Gli occhi di Tecla si illuminavano dei colori del bosco mentre raccontava a Italo i suoi sogni, lance di futuro che si spezzavano di fronte al rudere del Mulinaccio e si spargevano tra l’acqua ferma della vecchia diga e un antico ponte in pietra.

Tecla adorava quel posto appena sopra Scandicci. L’aveva scoperto quando aveva lasciato Firenze per vivere in un paese ancora tutto da costruire. Non c’era il Cupolone del Brunelleschi in cui perdersi in mirabili prospettive e neppure Ponte Vecchio, che scorgeva al mattino quando usciva dalla sua vecchia casa di Por Santa Maria, eppure il Mulinaccio le aveva rapito il cuore. Era il suo posto nel mondo.

Capitolo #2

Viaggiare lungo i ricordi

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Scandicci, collineFotografia di: Tyler Fonville
Scandicci, panoramaFotografia di: Annalisa
San Martino alla Palma, ScandicciFotografia di: Vignaccia76

Accese una sigaretta e si sentì improvvisamente grande. “Che fai non mi baci?”, gli disse provocatoria. Italo le si avvicinò coi suoi vent’anni in più e l’esperienza di chi conosceva le donne ma era rimasto sconvolto da una sola.

“No, voglio sentirti parlare.”

Lei rise e infilò i piedi nell’acqua ghiacciata.

Italo rimase rapito e impaurito da quell’essere che aveva voglia di vita ma che non riusciva a carpirla. I capelli corvini le ricadevano sulle spalle candide, le sopracciglia cambiavano spesso espressione. Curiosità, felicità, disprezzo. Tecla era diventata malinconica, come quel vecchio rudere.

“Andiamo”, disse, infilando a fatica i piedi ancora bagnati nelle scarpe. Salì sulla vespa turchese. Il vento cacciava via le lacrime, le colline correvano veloci tra qualche vecchio casolare e campi dove l’uva aveva voglia di crescere.

Si chiese perché piangeva. Aveva paura di perdere la felicità. Come quei paesaggi che ci sono e l’attimo dopo ti scompaiono dietro una curva. San Vincenzo a Torri, San Michele, le discese verso la piana. San Martino alla Palma.

Italo si fermò di fronte alla piccola chiesa.

“Scendi, adesso dobbiamo parlare”

Le prese le mani. “Io per te ci sarò sempre. Non rinuncerò a sentirti raccontare delle tue poesie, a vederti dipingere mondi lontani.”

Lacrime gelatinose resero tutto indistinguibile, pure la felicità.

Capitolo #3

La vita che corre sul tram

Quel giorno, quei momenti, tutto – oggi – torna vivo. Fuori piove, è il 2017 e i vetri della tramvia sono appannati. Tecla li guarda, ci rivede la sua vita. Italo, quella città a due passi da Firenze che ancora doveva nascere, dove c’erano campi, contadini, qualche villa con il padrone. Tutto in venti minuti, su quel tram di nuove rotaie che la conducono da Piazzale della Resistenza fino a Santa Maria Novella. Oggi che i campi non ci sono più e un architetto di nome Rogers ha tirato su un centro moderno, con i negozi, le luci accese a festa. Altra gente, altra vita che scorre. Le colline che la guardano da lontano. Il Mulinaccio. Apre la borsa, tira fuori un blocco. Segna con il lapis nuovi itinerari, altri viaggi, altra vita. Getta gli occhi su Italo, seduto davanti a lei. Ottantasei anni e una promessa mantenuta.

Fotografia di: Vignaccia76