Capitolo #1

La battaglia

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Boschi e vigneti, Suvereto
Fiume Cornia, Suvereto
Torrente Redigaffi, Suvereto
Il Molino, Suvereto
Bardana, Suvereto

Nell'anno 1201 il prode cavaliere Ildebrandino VIII degli Aldobrandeschi, fu chiamato a proteggere i suoi sudditi suveretani dalle continue scorrerie dei pirati saraceni che guastavano le sue terre. L'esercito del conte, giunto nella piana del fiume Cornia, affrontò i pirati magrebini in una cruenta battaglia e a sera inoltrata la vittoria volse lo sguardo al vessillo con il leone rampante degli Aldobrandeschi. Il cavaliere ne uscì ferito e con la spada spezzata, cercò di raggiungere il paese di Suvereto con l'esercito rimasto ma si perse nella selva di Montioni, dove vagò per giorni senza meta. Solo e spaesato, Ildebrandino  si ritrovò nella valle dei Molini, dove la forza delle acque del torrente Redigaffi muoveva i possenti opifici. Lì, stremato e senza forze, cadde privo di sensi e si risvegliò giorni dopo in un letto povero ma accogliente, vide il sorriso di una bambina e un uomo infarinato che gli porse una ciotola di succo di bardana, gli medicò la ferita con poltiglia di erbe selvatiche spontanee. Dopo giorni di cure, fu ristorato con il pane del molino e ritornò in forze, anche se era afflitto per la perdita della sua fida spada

Indirizzato dal guaritore al molino successivo, dove le acque muovevano anche i possenti magli di una grande fucina che lavorava il minerale dell’Elba, conobbe il fabbro Tubalcain, che a colpi di maglio e insufflate di mantice realizzò una splendida spada lucente e dalla tempra adamantina. Ildebrandino rincuorato nello spirito si mosse verso Suvereto. Rimontato in sella al suo destriero attraversò i territori della comunità ed ebbe modo di vedere oliveti secolari vigneti rigogliosi che producevano olio e vino di qualità. Attraversò campi coltivati a grani e verdure strane, si imbatté in carbonai e boscaioli che trasformavano il legname in prezioso carbone nero e ammirò la stupenda terra bagnata dal fiume Cornia e dal torrente Milia.

Capitolo #2

Il trionfo, le feste e la concessione della libertà

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palazzo comunale
le vie del bosco
Campagna di Suvereto
Suvereto

Ildebrandino arrivò dinanzi alle alte mura turrite di Suvereto, che raggiunse tra i sentieri che sarebbero divenuti paradiso di camminatori e pellegrini. Entrato dalla Porticciola  fu riconosciuto e portato in trionfo dal popolo come un eroe che aveva arginato il pericolo proveniente dal mare. Il paese si vestì a festa tra ghirlande e banchetti, tra le strade musici e saltimbanchi e le massaie cucinarono pietanze a base di cinghiale, maccheroni di farina di grano, dolci all'olio, tutto fu innaffiato da fiumi di vino. La festa fu ricordata nei secoli e fu denominata sagra del cinghiale.
Il giorno seguente, davanti alla cattedrale romanica di San Giusto, si celebrò una cerimonia solenne dove il prode cavaliere Ildebrandino Conte Palatino degli Aldobrandeschi, forte della riconoscenza e fedeltà dimostrata dai Suveretani al proprio casato, concesse la Charta LibertatisSuvereto diventò  il primo libero comune dell'Alta Maremma e oggi a testimonianza di quel giorno, dopo più di ottocento anni, il palazzo comunale duecentesco è sempre lì bello e possente ed è sede del governo locale.