Capitolo #1

Da Palazzo Guelfi a Cala Martina

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Palazzo Guelfi -Scarlino Scalo
Cala_Martina_PanoramaFotografia di: comune di Scarlino
Cala_Martina_Cippo_MarmoreoFotografia di: comune di Scarlino
Monumento_ Cala- MartinaFotografia di: comune di Scarlino

Non era ancora giorno. Un uomo biondo, con la barba non curata e un velo di malinconia appena percettibile nell'espressione indomita, percorreva l'argine sinistro del canale Allacciante. Era accompagnato da quattro persone, quattro scarlinesi e un forestiero.

Si sarebbero detti cacciatori, pronti per una battuta di caccia in padule. Ma attraversato il fosso del Fontino dove questo si gettava nell'Allacciante, non presero però per il padule, ma proseguirono verso la via della Dogana.

A un certo punto l'uomo si fermò, come risvegliato da un sonno profondo, e si girò verso il luogo da dove proveniva un solenne battere di campane.
“Che paese è quello?” - chiese ai suoi accompagnatori - “quello è Scarlino, il paese nostro e del capitano, e se ordinate, generale, gli si fa cambiare suono”, l'uomo lo guardò con un sorriso misto di compiacimento e amarezza, scuotendo lievemente la testa, poi ripresero a camminare.

Era il 2 settembre 1849. Giuseppe Garibaldi era fuggito da Roma riconquistata dalle forze franco-papali un mese prima, diretto a Venezia dove rimaneva vacillante l'unica fiammella repubblicana. Il viaggio era stato tragico, i pochi soldati rimasti imbarcati presso Goro su alcuni barconi furono dispersi dalle navi austriache. Garibaldi rimase solo con Leggero e la moglie Anita morente, braccato dagli austriaci e dalla polizia segreta papalina. Confidando in pochi amici sicuri decise di cambiare meta, sconfinare in Toscana e raggiungere la Liguria via mare.

Lo accompagnavano il fido capitan Leggero e gli scarlinesi Leopoldo Carmagnini, Oreste Fontani, Giuseppe Ornani e Olivo Pina, quello che rispondendo a Garibaldi avrebbe voluto far cambiare suono alle campane in spregio alle odiate forze conservatrici e papaline. Architetto della fuga attraverso la Maremma fu Angiolo Guelfi, facoltoso proprietario terriero, repubblicano e patriota di convinta fede, nella cui casa di campagna, nel piano di Scarlino, Garibaldi aveva appena passato la nottata.
A Cala Martina, alle dieci del mattino, trovarono ad attenderli un peschereccio che lo portò in salvo verso la Liguria.

Capitolo #2

Il Monumento dei Fratelli Pasquali a Scarlino

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il monumento dei fratelli Pasquali a ScarlinoFotografia di: comune di scarlino - raccolta biblioteca
inaugurazione del monumento a GaribaldiFotografia di: comune di scarlino - raccolta biblioteca
cartolina commemorativaFotografia di: collezione Giancarlo Grassi

Il 2 settembre 1900 quell'episodio fu ricordato con il monumento che gli Scarlinesi vollero tributare a Garibaldi e ai suoi salvatori. Fu commissionato a una bottega scarlinese, quella dei fratelli Pasquali, che poi trovarono ben altre fortune lontano da qui (Vincenzo Pasquali è autore, tra l'altro, della Statua della Primavera a Sanremo e del monumento ai caduti di Lione).

A far scivolare il telo che copriva il monumento fu l'onorevole Ettore Socci, primo deputato maremmano della storia italiana, che  tenne il discorso ufficiale davanti ad una folla festante.  

Garibaldi vi è ritratto giovane e aitante, l'asta spezzata della bandiera stretta in mano - sopraffatto, non vinto - secondo un iconografia molto sudamericana e per nulla sabauda, a voler rimarcare quell'anima repubblicana che ancora a Scarlino non si era del tutto rassegnata.

Fotografia di: comune di Scarlino