Capitolo #1

Terre lungo la via

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San Quirico d'Orcia ingresso paese
Cap. 1_2
San Quirico d'Orcia

Era il 1677 quando alla mia famiglia vennero concessi in marchesato da Cosimo III dei Medici San Quirico d'Orcia e Bagno Vignoni. Io, il Cardinale Flavio Chigi, avevo 46 anni ed ero cardinale già da venti. La nostra nuova proprietà mi piacque molto anche per la sua posizione, quasi a mezza strada fra Firenze e Roma, non lontana da Siena. La strada che l’attraversava era stata la maggiore via di collegamento fra il nord Europa e Roma. La chiamavano via Francigena e lungo questo cammino avevano visitato San Quirico Papi, imperatori, semplici viandanti, gente di ogni rango. Anche mio zio Fabio Chigi passava di qui quando tornava dalla sua amata Siena, e sempre di qui era passato quando si recò a Roma per diventare Alessandro VII. Un luogo adatto all'accoglienza per la sua posizione e per i suoi monumenti che, notai, si sviluppavano proprio lungo l'asse della via, come le chiese romaniche, la Collegiata dei Santi Quirico e Giulitta all'inizio del borgo e la chiesa di Santa Maria Assunta, con i portali rivolti proprio alla strada.

Capitolo #2

Gli Horti leonini

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Horti leonini San Quirico d_Orcia
San Quirico d_Orcia Santa Maria Ass

Durante un mio sopralluogo, riflettei sulla costruzione di un Palazzo a San Quirico concludendo che gli Horti leonini, questo giardino all'italiana del 1580 inserito all'interno dello spazio attiguo alle mura della fortezza, poteva fare al caso mio. L'ideatore fu Diomede Leoni amico del grande Buonarroti. Addirittura si racconta che a Roma, dove era al servizio dei Medici e conobbe molta gente, il Leoni riuscì a farsi dare un aiuto proprio da Michelangelo per il disegno del giardino, allora un parco pubblico dove nessuno aveva costruito abitazioni. Certo, c'erano ancora alcuni edifici, c’era la torre del cassero, ma l’architetto Carlo Fontana pensò che potesse essere il luogo adatto per un palazzo capace di accogliere i nostri illustri ospiti. Ma doveva essere bello, grande e lo spazio degli Horti era troppo esiguo. Creammo allora una piazza dove inserirlo fra la chiesa dei Santi Quirico e Giulitta e il palazzo pretorio. I lavori iniziarono nel 1679. Temevo che andassero per le lunghe. Invece si fece presto e fu costruito proprio come lo desideravo. Per velocizzare gli affreschi, i soffitti non li feci voltare a botte e da Roma chiamai un'equipe di pittori che, lavorando d'estate, poté ricoprire superfici più ampie perché il colore si asciugava in fretta.

Capitolo #3

Il “cardinal nepote”

La facciata di un bel color porpora dialoga col travertino dei monumenti, tende cremisi alle finestre, i soffitti con i segni zodiacali e i soggetti mitologici, le pareti ricoperte di corami color argento e rubino. Per alleggerire l’insieme su alcune pareti venne riprodotto il color dell'aria tanto caro al Bernini, architetto di fiducia dello zio Fabio e di cui il mio era allievo. In trentasei anni di cardinalato partecipai a cinque conclavi senza mai diventare Papa. Rimasi sempre il “cardinal nepote”. Di me però, nella vita artistica romana, rimase il ricordo di un generoso committente e mecenate.