Capitolo #1

Quel viandante rifiutato

Era una notte fredda e piovosa quando un viandante bussò a una porta per chiedere ospitalità, ma ne ricevette un rifiuto. Da qui in poi le versioni della leggenda differiscono: c'è chi racconta del povero pellegrino morto di freddo poco distante dalla casa e chi lo vuole riparato in una capanna di pastori. 

La storia ha però un luogo ben preciso, la Rocca di Cerbaia di proprietà della famiglia Alberti ed un protagonista, secondo alcuni, eccellente. Potrebbe trattarsi infatti di Dante Alighieri che, esule da Firenze, avrebbe cercato qui riparo. Di certo c’è che il poeta rese famosa una delle figlie discendenti della famiglia proprietaria della rocca, Cunizza Alberti, protagonista di un'animata vita sentimentale nella sua "Divina Commedia" (Paradiso IX, 13-36). La Rocca è ancora lassù, su uno sperone roccioso a strapiombo sulla valle del Bisenzio.

Capitolo #2

Tra Toscana e Emilia

La storia della Valle del Bisenzio è legata ai contatti tra le città di Prato e Bologna, rispettivamente in Toscana ed Emilia. Qui si intreccia una storia millenaria, terra di passaggio e strategicamente importante fin dall’antichità. Ci lasciarono le proprie tracce: i Romani, i Bizantini, i Longobardi e gli Etruschi che da Gonfienti arrivavano a Marzabotto. Un'importanza strategica che con i secoli la valle e il centro di Cantagallo hanno mantenuto, sopratutto nel Medioevo quando vengono costruite torri di avvistamento e rocche e utilizzate le pievi e le badie per l'accoglienza di viandanti e pellegrini. Collegamenti e confini segnano queste terre. Se la direttissima Firenze - Bologna, che l’attraversa, va nel segno dell’unione e della condivisone, la Linea Gotica che qui aveva uno dei suoi passaggi, ne fece un luogo tristemente cruciale. 

Capitolo #3

ll faggio che non muore

Ha almeno 200 anni, li porta bene anche se qualche acciacco è naturale. E’ il Faggione di Luogomano, l’albero secolare della riserva dell’Acquerino-Cantagallo, un vero e proprio simbolo di resistenza. Nel gennaio del 2013 a seguito di una grossa nevicata, una parte dell’albero monumentale crollò. In quell’occasione emerse l’affetto che in tanti gli tributavano, partì infatti, promossa dall’associazione Acquerino Cantagallo, una raccolta di fotografie per ricordare il faggio com’era. Ne arrivarono a centinaia e sono state conservate dall’associazione. Grazie allo spirito collaborativo della popolazione, il “guardiano della riserva” può essere ricordato per quello che era, un gigante che con la sua chioma copriva 600 metri quadrati di terreno.

Fotografia di: Brunero Lucarini